
Destinazione Croazia. Partiamo dopo cena, in una calda serata di agosto milanese. Guidiamo per tutta la notte fino a Spalato e prendiamo il primo traghetto del mattino per Hvar. Un viaggio lungo, ma fattibile. La macchina è piena zeppa di borse, zaini e valigie, e via si parte. Salutiamo amici e parenti, e diciamo addio al concetto di “viaggiare leggeri”.
Dopo soli due minuti di autostrada, mi accorgo di aver dimenticato lo spazzolino da denti: il Viaggio della Speranza è ufficialmente iniziato. Maciniamo chilometri attraverso la Pianura Padana. In un qualsiasi ristop nel Veneto, trovo dei tedeschi in pigiama che si lavano i capelli nel bagno della piazzola. Vicino alle pompe di benzina, c’è perfino un distributore automatico di perizomi.
Osservo le costellazioni attraverso il parabrezza e scorgo una stella cadente. Intorno all’una e dieci, la radio si sintonizza automaticamente su Radio Birikina, con la “k”. Il palinsesto è un mix di Mina, Celentano e versioni italiane discutibili dei Beatles. Non vedo l’ora di sintonizzarmi su Radio Tirana, che trasmette musiche balcaniche. I danzatori bulgari possono stare sul cofano, dietro c’è spazio solo per uno, la macchina è piena fino al limite.

Comunichiamo tra di noi con i walkie-talkie, saltando occasionalmente sulla frequenza di qualcun altro. Incrociamo camion illuminati come visioni mistiche. Ci fermiamo dopo il casello di Trieste, in un minuscolo Autogrill prima della frontiera slovena. Fa freddo e tira vento. Mi prendo una brioche, bevo Red Bull e caffè, che intiepidisce nel thermos.
La Slovenia è buia, boscosa e desolata. Sembrerebbe l’ambientazione perfetta per uno di quei film horror in cui un gruppo di ragazzi parte per le vacanze e… zac! Dietro una curva ci troviamo di fronte a un cerbiatto immobilizzato dagli abbaglianti, terrorizzato. Per fortuna si è fermato sul ciglio e non in mezzo alla strada, altrimenti l’avremmo investito sicuramente. E per fortuna non arrivava nessuno dall’altro senso.
Non incontriamo nessuno fino alla frontiera croata. La temperatura esterna è di 6.5 °C. Ci fermiamo a una stazione di servizio, apriamo le valigie per prendere le felpe.
«Scusi, dov’è il bagno?» «Bagno? Cos’è un bagno?», scherza il cameriere.

I cartelli lungo la strada segnalano la presenza di lupi e orsi, e la temperatura è scesa a 3°C. Finalmente, la radio trasmette assoli di balalaika o, in alternativa, techno. Alle sette meno un quarto, per la prima volta da Trieste, la temperatura raggiunge la doppia cifra.
Arriviamo a Spalato verso le dieci. Cambio 50 euro in kune, compro i biglietti del traghetto e faccio colazione al porto. Le due ore di traghetto le passiamo a dormirci addosso. Ci svegliamo ad Hvar.

Hvar è praticamente un grosso scoglio, con le case che si inerpicano in alto. È come un’isola fatta di scale. Non ho mai avuto il coraggio di contarle tutte!
È una delle isole più interessanti della Croazia, specialmente per i giovani. Il modo migliore per viverla è affittare un appartamento o soggiornare in un campeggio vicino a Hvar città, famosa per la sua vivace vita notturna. Di giorno, ci si sposta facilmente in macchina o in scooter per esplorare le sue bellissime calette. Per chi può permetterselo, l’opzione ideale è la barca.
La nostra casa è nella parte bassa di una quadrifamiliare, posizionata in modo un po’ obliquo e appoggiata alla montagna. Teoricamente distava cinque minuti dal porto, ma non siamo mai riusciti a raggiungerlo così rapidamente, nemmeno con le gambe allenate. Arriviamo al massimo al piccolo supermercato con la cassiera burbera.
Ai piani superiori, a vegliare sul barbecue, c’erano i padroni di casa. Più giù, un gruppo di napoletani che amava fare chiasso al mattino e una presenza enigmatica, che si faceva notare solo con disgustose scatarrate mentre saliva le scale.
Un “patio” di rettangoli di vetro disallineati, di fronte alla mia stanza, impedisce di aprire la finestra, garantendo solo penombra e zanzare. Le altre stanze sono un mix di disordine controllato e ordine: c’è quella dove dormono gli altri ragazzi, uno stanzino claustrofobico con una finestrella che, a sorpresa, dà sul bagno dei vicini, una cucina in formica marrone, e tre bagni, di cui solo uno completamente funzionante.
Riflettendo sul momento in cui abbiamo prenotato online, abbiamo convenuto che i padroni di casa devono essere dei fotografi eccellenti.

Comunque, c’è un terrazzo enorme dove passiamo gran parte del tempo quando siamo in casa. Da lassù potrebbe cadere qualsiasi cosa, dalle banane ai gatti. Al mattino c’è una luce così intensa che faccio colazione con gli occhiali da sole, mentre il frinire delle cicale riempie l’aria. Verso l’ora di cena, sui balconi degli altri appartamenti si vedono persone in accappatoio fresche di doccia, e qualcuno comincia a cantare all’italiana. C’è anche un aspirante cantante lirico che invita tutti a brindare; secondo me, non è male. Quelli del piano di sotto ci sfidano con canzoni napoletane, a cui rispondiamo con quelle in milanese. Insomma, la cena è un po’ come a Sanremo. Tutto sommato, non è male come posto dove stare.
Ogni mattina prendiamo la macchina alla ricerca di una spiaggia diversa dove rilassarci. Una delle più famose è Milna, ma vale sicuramente la pena visitare anche Jelsa. Ci sono anche altre spiagge più piccole e selvagge da scoprire, di solito accessibili dopo aver parcheggiato lungo la strada e camminato su sentieri ripidi e sterrati, rigorosamente in infradito e carichi di ombrellone, frigorifero portatile e una pentola.
Nonostante sia una località turistica, la vita a Hvar non è eccessivamente cara. Se decidete di uscire a cena, vi consiglio di provare un bicchierino di Prosec come digestivo. E almeno una sera, fate un salto al Veneranda per ballare. Non si può visitare Hvar senza passare almeno una serata al Veneranda, dove è stato paparazzato perfino il Principe Harry in libera uscita.


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