giorno 10: PARCO NAZIONALE DI TAYRONA

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Il Parco Nazionale di Tayrona, sulla costa caraibica vicino a Santa Marta, è una riserva protetta che, nei suoi 150 chilometri quadrati, mescola giungle lussureggianti, montagne imponenti e alcune delle spiagge più spettacolari della Colombia. Oltre alla bellezza naturale, Tayrona ha un profondo significato culturale: è la terra ancestrale di popoli indigeni come i Kogui e gli Arhuaco, che vivono ancora nelle comunità montane della Sierra Nevada.

Ci aspettavamo di passare qualche giorno di relax ma, fin dall’inizio, il nostro viaggio è stato tutto fuorché rilassante: avevamo già i nostri sospetti, a dire il vero, dopo aver parlato con Eudoro, il nostro referente colombiano, che aveva tagliato corto, promettendo che sarebbe andato tutto liscio. Non è andata così. Il nostro passaggio, che doveva prenderci alle sette per portarci all’ingresso principale del parco, El Zaino, è arrivato solo alle otto e un quarto: una jeep bordeaux scolorita con un enorme blocco di ghiaccio legato al tettuccio (?!). Proprio lì sopra, senza troppi riguardi, ci hanno messo anche i nostri zainetti con tutto il necessario per sopravvivere ai quattro giorni successivi. Di sicuro, almeno, sarebbero rimasti freschi.

Dopo un’ora, arriviamo ai cancelli del parco. Ci accoglie uno spiazzo pieno di tiendas affollate, una folla di turisti – per lo più colombiani – e jeep e pullman di tutte le dimensioni. El Zaino il punto di accesso più frequentato, ideale per chi vuole raggiungere spiagge come Cabo San Juan del Guía e Playa Arrecifes. Prima di entrare, dobbiamo guardare un video che ci spiega cosa si può fare nel parco (niente) e la lunga lista di oggetti che è vietato introdurre, tra cui spiccano gli strumenti a corda (??). Poi, ci mettono al polso un braccialetto fluorescente, in stile villaggio turistico all-inclusive (i colombiani li adorano, ne hanno uno per ogni occasione).

Da El Zaino è possibile fare un trekking di circa due ore per arrivare a Cabo San Juan, o prendere un servizio di trasporto interno fino a Cañaveral, da cui il sentiero per le spiagge diventa più breve. Ma noi, nel frattempo, non siamo ancora riusciti a fare i biglietti, perché nella coda chiunque ci passa davanti, purché sia un local o la guida di un torpedone pieno di turisti. Iniziamo a sentirci un filo indesiderati.

Quando finalmente riusciamo a comprarli, risaliamo in macchina e ci accodiamo all’ingresso, ma le guardie del parco non ci lasciano passare: secondo loro abbiamo troppi zaini e stiamo cercando di campeggiare illegalmente sulla Playa Arrecifes (quella dove è vietato suonare la chitarra). Cerchiamo di spiegare che, da lì, una barchetta – di cui sappiamo solo che è rossa e blu – dovrebbe portarci al campeggio, dove, teoricamente, ci aspettano delle cabanas prenotate a nome di non sappiamo chi.

Il punto più alto lo raggiungiamo con un deciso: «¿Quién es el que manda aquí? Quiero hablar con el jefe». Ma tanto, alla fine, non ci ascoltano comunque.

Dopo aver provato a convincere le due guardie prima in spagnolo, poi in inglese, e quando la tensione cresce, anche in italiano, valutiamo perfino l’idea di offrirgli una bustarella. Peccato che nel frattempo siano arrivati diversi altri spettatori, e come ci spiega il nostro irreprensibile driver, ormai è troppo tardi: c’è troppa gente da corrompere e avremmo dovuto pensarci prima.

Quindi, niente Playa Arrecifes. Intanto, proprio sul più bello, Eudoro stacca il cellulare. In pieno sbattimento, riusciamo finalmente a convincere il driver a portarci a un altro ingresso del parco, quello ufficioso, promettendogli che la benzina gli sarà rimborsata dal referente, che nel frattempo è diventato latitante.

L’ingresso di Palomino, pur non essendo un accesso ufficiale al Parco Nazionale di Tayrona, è una delle vie alternative per esplorare la zona e, nel nostro caso, l’unica opzione rimasta. Situato a circa un’ora a nord di Santa Marta (per la gioia del nostro autista), Palomino è un villaggio un po’ selvaggio, celebre per le sue ampie spiagge e le vibes bohémien. Arriviamo ai cancelli del parco giusto in tempo per avventurarci lungo il sentiero che attraversa la giungla e ci condurrà a Cabo San Juan del Guia in qualche ora, sotto il sole di mezzogiorno.

Cabo San Juan è una delle destinazioni più iconiche e amate del Parco Nazionale di Tayrona, e nel nostro caso l’unica raggiungibile. Questa spiaggia è famosa per il suo tratto di sabbia dorata incorniciato da palme e bagnato da acque turchesi, con formazioni rocciose che spuntano dalle onde creando un paesaggio quasi da cartolina. L’elemento distintivo è il rifugio con il tetto di paglia in cima a una piccola collinetta rocciosa proprio sulla baia, raggiungibile salendo una breve scalinata. Da lassù, si gode di una vista pazzesca su tutta la costa.

Arrivarci è già un’avventura in sé: il trekking da Palomino attraversa una densa giungla tropicale e colline della Sierra Nevada, con una durata variabile tra le 4 e le 6 ore, a seconda del ritmo e delle condizioni del percorso. Il sentiero è immerso nella natura selvaggia, quindi sarebbe stato consigliabile partire presto, portare acqua, repellente per insetti e una buona dose di pazienza (che ormai avevamo già ampiamente esaurito).

Un’altra cosa che non abbiamo considerato è che, pur essendo apparentemente un luogo paradisiaco, Cabo San Juan può risultare piuttosto affollato, soprattutto durante l’alta stagione. Ma tanto noi abbiamo delle cabanas prenotate, giusto?

Quando finalmente arriviamo al campeggio di Cabo San Juan del Guia, scopriamo (ma ormai non ci sorprende più nulla) che Eudoro non ci ha prenotato proprio niente, e che le tende disponibili sono già tutte occupate. Così ci rimettiamo in coda (ne seguiranno molte altre) per trovare un giaciglio per la notte.

Alla fine, riusciamo ad accaparrarci otto hamacas, amache colorate tutte in fila sotto una tettoia di paglia, proprio di fronte alla baia: dormiremo all’aperto ascoltando il suono delle onde.

Finalmente, mi sfilo la canotta tutta pezzata e mi tuffo in mare.

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