Il viaggio di ritorno a Kota Kinabalu mi fa rimpiangere quello di andata, e dire che avevo dovuto concentrarmi per tutto il tempo per non vomitarmi addosso.
Inspiegabilmente – come solo in Asia può succedere – ci incastriamo in un traffico surreale, il tempo si dilata, il cielo fuori dai finestrini scolora in sfumature opache. Dentro il van, invece, le tensioni si condensano. Litighiamo a bassa voce, sibilandoci accuse velenose all’orecchio per non farci sentire dagli altri.
“Pensi solo a te stessa.”
“Mi piacevi di più quando il tuo unico pensiero non era piacere a tutte.”
Il Paradiso è perduto.

A Kota Kinabalu dividerò la cameretta rosa da sedicenne con qualcun altro. Di solito non sono il tipo che resta arrabbiata a lungo: mezz’ora dopo un litigio, di solito, mi passa tutto. Stavolta no. Passo la serata a chiacchierare con chiunque tranne lui. Quando camminiamo, cerca di affiancarmi, ma accelero il passo e lo lascio indietro. A cena siamo in sei, ma non lo guardo neanche.
E poi, fatalmente, è di nuovo il momento di fare il bucato. Da quando sono in Malesia mi sembra di non fare altro. Abbiamo individuato una lavanderia a gettoni vicino all’ostello e ci ritroviamo lì, carichi di vestiti sporchi come reduci di una battaglia. Io ho arraffato una cesta di plastica da qualche parte, altri hanno infilato tutto in buste della spesa, qualcuno si è trascinato direttamente lo zaino.

La lavanderia è praticamente all’aperto e fa ovviamente un caldo assassino. Oltre a noi, una folla di locali aspetta paziente il proprio turno. Una signora si addormenta sulla spalla di Davide, cullata dal ronzio delle asciugatrici.
“Ho perso le cuffiette, dici che all’aeroporto di questo posto le vendono?”
Appena il tempo di dirlo, ed ecco spuntare un auricolare bianco dalla tasca di un paio di pantaloni da trekking che stanno girando nell’oblò della lavatrice.
“Beh, adesso avranno un suono più pulito. Ci andiamo a comprare una cassa di birre al 7-Eleven?”
Io e Fra torniamo con 24 lattine di Tiger. La serata prende finalmente la piega giusta: improvvisamente siamo leggeri, ridiamo, ci scattiamo selfie impubblicabili con sconosciuti tra montagne di vestiti umidi e lattine mezze vuote. Ho addosso i Levi’s usati che ho comprato al chilo a Parigi, tutti scuciti, e una canotta di Missoni perché non ho altro. L’eyeliner mi cola sulle guance, ma chi se ne frega.
Adesso sono pronta a fare pace.

Leave a comment