giorno 12: MANTANANI KECIL

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Il Paradiso Terrestre, se esiste, probabilmente somiglia un po’ all’arcipelago di Mantanani.

L’isola è minuscola, quasi deserta, circondata da un mare di un azzurro così intenso da sembrare irreale. Le barche partono insieme dal piccolo molo della laguna, lanciandosi a tutta velocità in una gara non dichiarata su chi arriva prima. Potrebbe sembrare incredibile, dati i presupposti, ma riesco a non vomitare durante la traversata. Sono soddisfazioni.

Appena tocchiamo terra, i nervi di tutti si distendono. Come per magia, smettiamo di punzecchiarci e discutere. Passiamo la giornata a fare il bagno in gruppetti sparsi, godendoci l’acqua salatissima, che cauterizza i nostri piedi martoriati dai trekking nel Borneo. Sul lato sud dell’isola, la barriera corallina è un’esplosione di colori e vita, il posto perfetto per lo snorkeling.

I marinai malesi ci guardano perplessi: non si capacitano del fatto che non restiamo in spiaggia vestiti, come invece fanno i turisti cinesi, né riescono a convincerci a indossare il giubbotto salvagente. “La barca non parte se non lo mettete”, ci dicono. Lo indossiamo slacciato. Ci chiedono di allacciarlo. Appena si parte, ce lo siamo già tolto. Abituati ai turisti cinesi, il fatto che tutti noi sappiamo nuotare è per loro qualcosa di incomprensibile.

L’incantesimo si spezza nel pomeriggio, quando ci spostiamo sull’altro lato dell’isola per vedere il tramonto. Attraversiamo il villaggio di pescatori e sbuchiamo su una spiaggia, in un’altra realtà: ovunque ci sono detriti, plastica, bottiglie accatastate dalla corrente. Uno schiaffo in faccia. Come se Mantanani dovesse essere bella e incontaminata solo per i nostri occhi occidentali, una cartolina ritagliata ad arte per i turisti. È una bugia, e mi avvelena la serata.

È Ferragosto. Per cancellare il retrogusto amaro, dopo cena ci tuffiamo nel mare nero come inchiostro. Il plancton luccica attorno a noi, scie fosforescenti si accendono e si spengono come lucciole azzurre. È tutto perfetto, eppure mi rimane addosso la stessa sensazione di quando qualcuno ti ghosta, poi riappare con una scusa improbabile che sai già non essere vera.

Il nostro bungalow, dall’esterno, sembra uscito da una favola: una casetta di vimini, essenziale e romantica. Basta aprire la porta per scoprire che è stato pensato per una coppia in luna di miele e arredato da qualcuno con una passione discutibile per i film per adulti a tema Ariel la Sirenetta. Dovrebbe farci ridere (fa ridere!), e invece ci mette in imbarazzo.

Per quanto cerchi di distrarmi, non riesco a evitare di pensare a come sarebbe essere qui con qualcun altro.

Anche per questo, proprio mentre ci prepariamo a partire, io e il mio compagno di stanza litighiamo fortissimo.

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