nerorimmel

In Colombia le Ande si fondono con le foreste pluviali dell’Amazzonia, le città coloniali si affacciano su spiagge caraibiche e le grandi metropoli hanno un fascino decadente. È questa la mia prossima destinazione, il viaggio che sogno da mesi dopo un anno pesante.

La traversata durerà praticamente una giornata intera: 2 ore di volo da Malpensa a Madrid, circa 4 ore di scalo e poi via per altre 10 ore, fino a Bogotà. Una volta lì, aspetteremo il primo volo interno per Armenia (capoluogo del dipartimento di Quindío), la città più vicina alla Valle del Cocora, la nostra prima tappa. Lì ci aspetterà un transfer fino a fino al paese di Salento, che dista circa 1 ora di macchina. Forse, a quel punto, finalmente dormiremo.

Nel tempo dello scalo di Madrid si forma già un sottogruppo di cinque casi disperati, di cui ovviamente faccio parte: gli indisciplinati, quelli che restano indietro e che dicono una marea di cazzate. Menomale.

All’Aeropuerto El Dorado di Bogotá fa un freddo cane. Non ho mai chiuso occhio durante il viaggio, e sto delirando dalla stanchezza. Quando mi alzo dal seggiolino di plastica di un’area di attesa per andare verso gli imbarchi, non sento nemmeno il pavimento sotto i piedi. Forse c’è uno sciopero, non ho capito bene. Comunque, tutti gli aerei sono in ritardo e i gate sono pieni di gente furiosa. Mi sono messa addosso tutti i vestiti che avevo nel bagaglio a mano, strato su strato, ma ho ancora freddo. Mi addormento storta, abbracciata allo zaino, con il cappuccio tirato su, mentre aspetto il volo interno per… boh, non ricordo neanche più dove. Gli altri sono sparsi lì intorno, addormentati in posizioni improbabili.

Quando atterriamo ad Armenia, fa freddo tanto quanto, e piove forte. Non noto nulla della finca dove ci portano, a parte il cortile quadrato e la doccia, fredda come l’acqua di un torrente.