«Dai, andiamo a spaccarci le ossa.»
Kuta Lombok è il centro nevralgico per i surfisti dell’isola, circondata da spiagge perfette per ogni livello. È il punto di partenza ideale per esplorare altre località di surf nella zona. La sede della scuola di surf è un capannone di legno e lamiere azzurre, con le pareti ricoperte di tavole e una scrivania con un computer antiquato. In fondo, ci sono un lettino sgangherato e gli attrezzi da tatuatore. Ammetto che, per un attimo, ci faccio un pensierino.
Indossiamo le mute, poi due pick-up ci portanoa Selong Belanak, perfetta per i principianti come noi, con lunghe onde morbide e costanti. La spiaggia è ampia e poco affollata, un luogo perfetto per imparare e migliorare senza sentirsi sotto pressione. Lì i tre istruttori ci spiegano i fondamentali. Poi, tavole in acqua e via, in fila indiana come seppie.

«Com’è, Silvia?»
«Bene. Benissimo… cazzo, sono già stanca e non ho ancora preso un’onda.»
Siamo troppo carini, mentre stiamo tutti affiancati, pronti a partire. Il fondale è bassissimo, e la prima volta che cado dalla tavola mi bevo un litro di mare e sbatto il ginocchio su un corallo, bucando perfino la muta. A un certo punto, gli occhi smettono di bruciarmi e rido ogni volta che cado e riemergo con tutti i capelli in faccia.
Tutte le volte che qualcuno riesce ad alzarsi in piedi sulla tavola, partono una serie di urla e applausi. Quando ci riesco io, sento i tre istruttori gridare le istruzioni:
«Remaaaa! Adesso alzati! No, non così tanto, piega le gambe!»

Con la risacca, il livello del mare diventa ancora più basso, soprattutto quando riesci a prendere l’onda bene (insomma, discretamente) e ti avvicini alla riva. Il premio? Grattugiarti sul reef mentre ti lasci cadere. Ma è troppo divertente per preoccuparsi.
Mentre aspettiamo il pranzo – la solita ora e mezza di attesa – ci addormentiamo tutti sotto le palme.
Nel pomeriggio le onde sono diventate più alte. Le tavole si impennano e, quando si cade giù, bisogna aprire gli occhi sott’acqua per controllare che siano passate sopra la nostra testa e non ci colpiscano forte, spinte dalla forza della corrente. Quando rientriamo dalla spiaggia, però, camminando con le tavole sulla testa, sembriamo quasi dei surfisti veri.

Il tempo di toglierci le mute e ci dirigiamo in blocco a fare un massaggio per sciogliere i muscoli, e le massaggiatrici con le loro manine d’acciaio ridono tutto il tempo. Di noi, ovviamente.
I nostri istruttori di surf sono stati così professionali da darci anche indicazioni su dove andare a fare serata. Rimaniamo a ballare fino a tardi e spendiamo l’equivalente di tre cene in Bintang. Mi scatto persino un selfie in bagno che il giorno dopo non ricorderò, e un altro di gruppo, dove siamo tutti piuttosto euforici e fuori fuoco. La serata finisce con una bella doccia alle quattro e mezza del mattino.

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