Il porto è un brulicare di van, motorini parcheggiati, bancarelle di frutta, ambulanti con borse enormi piene di sarong colorati e backpackers di ogni nazionalità, con zaini di tutte le dimensioni. Il traghetto è in ritardo, così ci sistemiamo in una delle solite baracche di bambù per fare colazione.
«Vedi un po’, Sì, il mio caffè fa cagare! Com’è il tuo?»
«Uguale al tuo, Ric, come vuoi che sia?»
Mentre i nostri pancake sono in preparazione (probabilmente, la signora non aveva mai gestito 16 coperti tutti insieme, così era andata a chiamare rinforzi: nel giro di pochi minuti, sono arrivate tutte le donne della famiglia), approfittiamo del tempo morto per contrattare e ci ritroviamo con una media di otto sarong ciascuno.
Poi, la corsa per caricare gli zaini e trovare un posto sul ferry, spinto da ben 5 motori da 250 cavalli, e siamo pronti finalmente a salpare.

Lombok è un’isola indonesiana meno famosa di Bali, ma altrettanto affascinante, soprattutto se vuoi staccare dalle mete turistiche più gettonate. Ha un fascino più selvaggio, tra spiagge incontaminate, villaggi tradizionali e paesaggi vulcanici dominati dal Monte Rinjani.
Le spiagge di Lombok sono spettacolari. Kuta Lombok (da non confondere con l’omonima Kuta di Bali) è uno di quei posti dove sembra che il tempo scorra più lentamente. Le spiagge bianchissime e il mare cristallino sono perfetti per surfisti e amanti dello snorkeling. Un altro punto per Lombok è la vicinanza alle isole Gili, tre piccoli paradisi (Gili Trawangan, Gili Meno e Gili Air) dove non ci sono auto, solo biciclette e cavalli. Il luogo ideale per rilassarsi o scoprire la barriera corallina.
A differenza di Bali, Lombok ha conservato l’identità culturale della popolazione sasak, che vive ancora nei villaggi tradizionali e mantiene usi e costumi antichi. In poche parole, Lombok è il mix perfetto tra avventura e relax.

Arrivati a Lombok, ci dividono su due pick-up, con cui approdiamo al nostro ultimo alberghetto, accettabilmente fatiscente. Dalle finestre si vede il mare, e per andare in spiaggia basta attraversare la strada. Così, lascio subito la busta di vestiti umidi e dall’aroma “cane bagnato” in lavanderia e corro a godermi il miglior mercoledì pomeriggio della mia vita.
Il mare è di un turchese spettacolare, sulla sabbia ci sono tanti cuscinoni fluorescenti e un baretto.
«Ordiniamo le patatine fritte?»

Non facciamo nient’altro fino a sera: prendere il sole, giocare a carte, chiacchierare e ordinare Bintang. Quando il sole cala, vado a fare un giro con Giulia e Marta e mi compro un vestito corto batik da una bancarella per metterlo a cena, in un locale carino sulla spiaggia con lanterne e ombrellini colorati. Quattro euro spesi benissimo.
«Finalmente stasera ti sei vestita da femmina», mi dice qualcuno.
Rimaniamo fino a tardi al bar sulla spiaggia a bere ancora un’altra birra, scroccando sigarette anche se non fumo mai.


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