Hai presente quando metti un cagnolino su uno scivolo? Ecco, l’inizio della mia nottata sul ponte è stato più o meno così.
C’era un grosso problema di grip. Il materassino, così basso che l’avevo soprannominato “questa cazzata”, scivolava sulle assi umide della prua. La copertina di pile che avevamo messo sopra come isolante scivolava a sua volta. Sotto di essa, il mio sacco a pelo scrauso — il primo prezzo di Decathlon, adatto per temperature tra i venti e i venticinque gradi — si univa al balletto. E io, con il piumino e il cappuccio alzato, scivolavo sempre più in profondità nonostante cercassi di fermarmi. La situazione mi faceva ridere a crepapelle, e più ridevo, più scivolavo.

Non ho dormito molto. A un certo punto, avevo la sensazione di essere distesa direttamente sulle assi di legno, cosa in parte vera. Un’altra volta mi sono svegliata e ho scoperto che Luca non c’era più: era scivolato nel sonno fino al bagno. E in un’altra occasione mi sono ritrovata quasi nella cesta dove tenevamo le pinne. Vale russava, e io le davo qualche gomitata per farla smettere. Ma quando mi sono svegliata senza sapere dove fossi, ho aperto gli occhi e mi sono trovata davanti a un cielo pieno di stelle.
Ci ha svegliati la luce dell’alba. Il mare era piatto come una tavola e si tingeva di rosa e argento.
Appena iniziamo a muoverci, l’equipaggio ci porta la colazione sul ponte e, dalla cabina, salgono tutti gli altri, richiamati dal profumo del pane tostato, del caffè e del burro di noccioline. Intanto, stiamo navigando verso l’isola di Komodo, dove ci aspettano i draghi, con i loro occhietti che sembrano pezzi di vetro e le lunghe lingue pallide e biforcute, che usano per “annusare” l’ambiente.

I draghi di Komodo sono tra le creature più affascinanti e sinistre del pianeta. Hanno un aspetto imponente: pelle squamosa verde-grigiastra e una bocca piena di denti affilati, simili a quelli di uno squalo. La loro saliva, carica di batteri, può causare infezioni nelle prede, ma ciò che li rende davvero letali è il veleno, una scoperta relativamente recente. Questi rettili possono crescere fino a oltre 3 metri di lunghezza e pesare fino a 70 kg. Sono l’unico esempio vivente della famiglia dei varani, che risale a milioni di anni fa. Endemici dell’Indonesia, vivono principalmente sulle isole di Komodo, Rinca, Flores e Gili Motang.
I draghi di Komodo sono carnivori e predatori opportunisti. Cacciano soprattutto cerbiatti, ma si nutrono anche di animali più piccoli e carogne. Solitamente solitari e territoriali, si riuniscono intorno ai pasti, dove non mancano mai le risse. In primavera, le femmine depongono una ventina di uova, che incubano nella sabbia per 7-8 mesi. I piccoli, già pronti a cacciare, si rifugiano sugli alberi per sfuggire ai predatori, oltre che ai draghi adulti. Purtroppo, sono una specie in pericolo, minacciati dalla perdita del loro habitat, dai cambiamenti climatici e dalla scarsità di prede. Il Parco Nazionale di Komodo è stato creato per proteggerli, attirando visitatori da tutto il mondo desiderosi di vederli.

La prossima tappa è l’isola di Padar, una vera gemma dell’arcipelago di Komodo. Nonostante non sia abitata dai famosi draghi, Padar si fa notare per la sua bellezza selvaggia. È la terza isola più grande del parco, dopo Komodo e Rinca, e vanta tre spiagge dalle sabbie di colori diversi: bianca, nera e persino rosa. Il contrasto tra queste sfumature e le acque turchesi che la circondano rende il paesaggio semplicemente straordinario.
Il vero spettacolo di Padar è il suo view point. Dopo una breve ma ripida salita (che ovviamente affrontiamo sotto il sole delle 13), si arriva in cima a una delle colline, da dove la vista spazia a 360 gradi sulle baie frastagliate: la terra arida si tuffa nel mare cristallino, sembra quasi di vedere dal vivo la Laguna delle Sirene dell’isola di Peter Pan. Il trekking è fattibile e richiede circa 30-45 minuti, ma sarebbe meglio farlo all’alba o al tramonto per evitare il caldo opprimente. Noi, ovviamente, non l’abbiamo fatto.

Padar è anche una meta perfetta per lo snorkeling, grazie alla sua biodiversità marina. Lo scoprirò nel pomeriggio, quando io e Riccardo decidiamo di esplorare degli scogli lungo la costa:
“Eh però, sembravano lontani, invece due pinnate e siamo già qui! Siamo proprio in forma!”
Peccato che la realtà fosse un po’ diversa. Lo avremmo capito bene quando, con le labbra blu e le braccia a pezzi, cercavamo di tornare sulla barca, che non sembrava avvicinarsi mai mentre nuotavamo controcorrente.
Però, quegli scogli erano davvero interessanti: c’erano tantissimi pesci colorati, oltre a due barracuda che abbiamo fatto appena in tempo a intuire prima che sparissero, e anche un piccolo squalo. Quindi, tutto sommato, ne era valsa la pena.

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