«Lo sapevi che la Garuda è una compagnia aerea in lista nera?»
«Tutte le compagnie aeree indonesiane sono in lista nera»

Mi sento come se avessi dormito cinque minuti, ma non ci penso troppo: l’Inter ha vinto 3-1 contro la Roma e questo basta a migliorarmi l’umore. Scendo le scale con lo zaino in spalla e sul tavolo ci sono ancora i piatti della sera prima. Andrea è furioso con il receptionist indonesiano perché la colazione, prevista per le cinque, non è pronta. Lui ride e ci dice che la colazione è dalle sei. Andrea, a quel punto, si dirige in cucina come un toro infuriato, seminando il panico. Dopo mezz’ora ci servono tre fette di pane. Decido di andare a fotografare l’alba. Alla fine, la colazione è pronta per le sei e noi partiamo comunque con un’ora di ritardo.
All’aeroporto di Sumba, grande come un quadrilocale, ci mettiamo in fila con i sumbanesi che imbarcano qualsiasi cosa, compresi dei polli vivi imballati in pratici scatoloni. Lì ci informano che il nostro bagaglio da stiva deve pesare massimo 10 kg. Nessuno ha un bagaglio così leggero, e uno di noi ne ha addirittura uno da 24 kg. Imparo così che in Asia tutto è possibile, se paghi la cifra giusta. La giornata, già partita storta, continua con uno scalo di cinque ore a Timor, dove l’aeroporto non offre una sala d’attesa dove restare. Così, compriamo qualcosa al supermercato e ci accampiamo sul marciapiede, tra cruciverba, mazzi di carte, biscotti Roma, Pringles, Pepsi e lattine di Nescafé freddo, con tutti i nostri bagagli sparsi attorno.

Timor non è proprio un luogo raccomandabile. Un tizio con una svastica tatuata sul braccio ci si avvicina, orgoglioso del suo capolavoro. In Indonesia, la svastica ha un significato diverso rispetto a quello che in Occidente, dove è associata al nazismo e alle sue atrocità. In molte culture asiatiche, la svastica è un simbolo di buona fortuna, prosperità e benedizione. Viene utilizzata nel contesto religioso, specialmente nell’induismo e nel buddismo, dove rappresenta il ciclo della vita e la continuità. Non è però il caso di questo personaggio, che decide di esordire dicendo: “Italiani? Mussolini”, lasciando tutti abbastanza sconcertati.
Ma noi per fortuna abbiamo un altro volo, che ci porterà a Flores, un’isola incantevole nella parte orientale dell’arcipelago indonesiano, nella provincia delle Nusa Tenggara Est. Flores offre una grande varietà di ambienti naturali, tra cui montagne imponenti, vulcani attivi, lagune turchesi e spiagge incontaminate.

La nostra base sarà Labuan Bajo, una cittadina pittoresca sulla costa occidentale di Flores, conosciuta soprattutto come porta d’accesso al Parco Nazionale di Komodo. È il paradiso per chi ama la natura, il surf e le immersioni. Con le sue colline verdeggianti, spiagge di sabbia bianca e acque cristalline, Labuan Bajo è perfetta per escursioni e snorkeling.
La scena culinaria è vivace: ristoranti che servono pesce freschissimo e specialità locali, mentre la vita notturna si anima tra bar accoglienti dove sorseggiare cocktail al tramonto. Nonostante l’aumento di turisti, Labuan Bajo conserva ancora un’atmosfera rilassata e autentica. Gli abitanti, sempre cordiali e pronti a condividere la loro cultura, fanno sentire ogni visitatore a casa.

Ci sistemiamo in un alberghetto pieno di scalini. Il tempo di infilarci il costume e trovare un passaggio, e siamo già al mare, anche se è tardo pomeriggio e il sole sta per tramontare. I colori sono spettacolari, e ci stringiamo in nove su un pick-up che corre sulla strada tutta curve. Sulla spiaggetta di una laguna improvvisiamo un aperitivo, senza troppa fretta. Poco importa se il passaggio per il ritorno arriva con mezz’ora di ritardo. Nel frattempo, le mie compagne di stanza, rimaste a fare il bucato, hanno lavato anche due dei miei costumi.
Poi siamo andati a cena in uno di quei ristorantini vista mare, tutto legno e lucine, che hanno un fascino unico. Quando torno all’una, ho il rullino pieno di foto del mercato del pesce, la doccia da fare e il bagaglio ancora tutto da preparare per i prossimi giorni che passeremo in barca, nel Parco Nazionale di Komodo. Naturalmente, salta la corrente. Così mi faccio la doccia a lume di cellulare, ormai all’acqua fredda ci ho fatto l’abitudine. Con le mutande addosso e la torcia frontale in testa, mi fermo a fissare lo zaino aperto e tutto il caos sparso sul letto.
«Non è che, se rimani lì a guardarlo, lo zaino si prepara da solo.»


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