(A colazione avevamo mangiato pancake al cioccolato con sopra banana a fettine. Quello era veramente il lodge migliore di tutta l’Uganda)

“Come mai oggi non parli?”
“Sono pensieroso. Sto pensando a come evadere l’IVA”
“Oh beh”
“È un pensiero come un altro”



L’atmosfera è un po’ da Summertime Sadness, nonostante in questi 250 chilometri di trasferimento abbiamo ascoltato tutti i grandi successi di Gigi D’Agostino sull’autoradio di Abdul. Ogni volta che lo incrocio, ci diamo il cinque. Qualcuno ogni tanto butta lì qualche frase sulla Vita Vera che ci aspetta, sia a casa che in ufficio.
All’ora di pranzo, ci fermiamo in una città grande e vivace, piena di gente che si muove a piedi e donne impettite con carichi improbabili sulla testa. Passano motorette sovraccariche di cose assurde, e giuro di aver visto uno con una bara legata dietro. La città si chiama Mbarara, e ogni volta che qualcuno la nomina, mi viene da ridere.

Mbarara è una delle principali città dell’Uganda, situata nel sud-ovest del Paese. È un importante centro commerciale e agricolo, spesso considerata la porta d’accesso per chi si dirige verso i parchi nazionali del sud-ovest, come il Queen Elizabeth e il Lake Mburo. La città è vivace e colorata, con mercati affollati, un traffico caotico e motorette cariche di ogni genere di merce. È anche sede di diverse istituzioni educative, tra cui l’Università di Mbarara, e famosa per il bestiame Ankole, una razza bovina caratterizzata da lunghe corna.
In un bar di Mbarara (volevo troppo scrivere “in un bar di Mbarara”), ordino una bottiglia d’acqua frizzante e fredda. Quando sei abituato a bere acqua naturale calda, quell’acqua fresca e gasata sembra un lusso che batte perfino la Coca, quasi quasi anche la birra.

Il Lake Mburo è il cuore del Lake Mburo National Park, uno dei più piccoli ma affascinanti parchi nazionali dell’Uganda. Si trova a metà strada tra Kampala e il confine con il Ruanda e. a differenza di altri parchi in Uganda, non ha elefanti o leoni, ma ospita un numero notevole di zebre, impala, bufali e ippopotami. È anche uno dei pochi luoghi in Uganda dove si possono avvistare gli elusivi leopardi. Gli amanti del birdwatching troveranno oltre 300 specie di uccelli, tra cui il raro barbagianni di papyrus.
Il parco è perfetto per i safari a piedi, i tour in bicicletta e le escursioni in barca sul lago, dove è possibile osservare da vicino ippopotami e coccodrilli. Le sue dimensioni ridotte e la varietà di ecosistemi lo rendono un luogo ideale per chi cerca un’esperienza di safari più intima e tranquilla.

Nel pomeriggio arriviamo finalmente al lago e scorgiamo le prime zebre. Sembrano pony in pigiama. Ci fermiamo a fotografare una mandria di zebù, ed ecco che, dal nulla, spunta una folla di bambini. Ci chiamano “Muzungu!” e spuntano manine ovunque, che cercano di aprire i finestrini. Sembra quasi una scena uscita da The Walking Dead.
Neanche il giro in barca sul lago fila liscio. La prima delle due imbarcazioni comincia a imbarcare acqua, mentre l’altra, con metà del gruppo a bordo, si pianta in mezzo al lago e finisce per essere rimorchiata dalla barca rotta. Nonostante il contrattempo, ci facciamo prendere dagli ippopotami che sbadigliano, scattando foto senza preoccuparci troppo del tempo che passa.
Quando arriviamo al campeggio, è completamente buio. Scopriamo lì che è incustodito, non ci sono bagni, non c’è acqua corrente, non c’è elettricità, e soprattutto ci sono due tende in meno.

Quattro di noi devono essere portati con il van a dormire in due stamberghe in muratura. Siamo stanchi, sporchi e affamati, e qualcuno inevitabilmente sbrocca.
Ma poi ci ritroviamo a cena a lume di candela, in mezzo alla savana, e tutto sembra un po’ meno drammatico. La carne di capra, in fin dei conti, non è nemmeno male. Le tende, illuminate dal fuoco e dalle lampade a cherosene, assumono quasi un’aria accogliente.
“Vado a fare pipì nel bush. Speriamo non mi becchi un ranger con le braghe calate, magari mi fa pure la multa.”
“Occhio alle iene.”
“Magari! Almeno darei un senso alla serata!”
“Portati un bastone.”
“E cosa ci faccio, in caso di iene?”
“Beh… al limite chiama, così facciamo le foto.”
Alla fine, niente iene. Peccato.


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