
Lasciamo Las Vegas al mattino presto. Mentre facciamo colazione, qualcuno sta ancora fumando e giocando dalla sera prima. Ci lasciamo alle spalle la Strip e ci addentriamo nel deserto, lo stesso dove in CSI i serial killer vanno sempre a fare le peggio cose.
Da qualche parte c’è l’Area 51, forse visibile in lontananza, e non lontano il sito dei test nucleari.

Quando il sole comincia a calare, l’atmosfera da Ombre Rosse si trasforma in qualcosa di magico. Ho quasi pensato di volermi sposare con un Navajo e vivere qui, allevando cavalli e andando in giro in pick-up, con il cane sul sedile del passeggero. Era così bello che mi veniva da piangere.
Dopo aver visto tanti film western, poster e ascoltato racconti, finalmente era lì: rossa, turchese e polverosa. Immersa in una riserva indiana, con bufali, coyote, cavalli pezzati e nuvolette a riccioli che sembravano uscite da un fondale cinematografico.

Le pianure si aprono davanti a noi, con bisonti e cavalli che attraversano la strada. Arriviamo alla Monument Valley un po’ sfatti dal viaggio, verso le cinque, e tutte quelle ore di macchina sembrano sparire di colpo. Credo di non aver mai visto niente di più bello.


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